diretto da Stefano Angelucci Marino e Rossella Gesini
Via Abbazia,10 – Treglio
di Roberto "Tito" Cossa
traduzione e regia Stefano Angelucci Marino
con Rossella Gesini, Giordano Gaspari, Paolo Del Peschio e Stefano Angelucci Marino
maschere Stefano Perocco di Meduna
costumi Vize Ruffo
elementi scenici Luisa Nicolucci
produzione Teatro Stabile d’Abruzzo in collaborazione con Teatro del Sangro
Il Progetto “Grigia assenza” nasce dall’esperienza teatrale vissuta in Sudamerica (Argentina, Uruguay e Paraguay) dal 2014 a tutt’oggi dagli attori e registi Stefano Angelucci Marino e Rossella Gesini, grazie a cinque produzioni (“Tanos” 2016, “Arturo lo chef” 2018, “Hermanos” 2019, “Familia Paone” 2022 e “Stéfano” di Armando Discepolo 2023) realizzate con il Teatro Stabile d’Abruzzo. I due artisti, dopo essere entrati in contatto diretto con la prima, seconda, terza e quarta generazione dei migranti italiani e abruzzesi, sentono ora il bisogno di affrontare la grande drammaturgia argentina di origine italiana. “Grigia Assenza” di Roberto “Tito” Cossa racconta di una famiglia italo-argentina sradicata a causa delle diverse migrazioni che ha dovuto attraversare. L’azione si svolge in Italia, negli anni ’80, e il conflitto è scatenato dalla mancanza di un’identità forte, dalle barriere linguistiche e dall’incomunicabilità tra le tre generazioni che compongono questa storia. Nostalgia e disadattamento, sommati ai bisogni economici, completano il quadro di alienazione presentato in “Grigia Assenza”. La trama ci mette di fronte a una famiglia argentina di immigrati italiani che torna a Roma e apre un ristorante chiamato Trattoria “La Argentina”. Lì possiamo vedere la madre italiana che si scontra con la figlia che si sente oramai “spagnola”, il figlio assente che parla al telefono in inglese con i genitori, il nonno argentino che canta pezzi di canzoni italiane e non distingue Roma da Buenos Aires, lo zio Ciccio in guerra con l’Italia e gli italiani, tutto è un mix a prima vista divertente ma triste allo stesso tempo. Un’apparente normalità circonda una profonda infelicità. Cinque maschere contemporanee che permettono la trasfigurazione. Un particolare codice espressivo nato dalle suggestioni create dai murales e dai “bamboloni” della Boca, il celebre barrio porteño contraddistinto da una forte impronta italiana. Dialoghi semplici, diretti, scarni. Questi gli elementi formali scelti per raccontare una storia di italiani senza Patria. Roberto Cossa, “Tito”, detto anche “Tano”, è nato a Buenos Aires il 30 novembre 1934, e ha origini italiane, di Campobasso. E’ morto il 6 giugno del 2024. Dopo aver iniziato e non concluso studi di medicina, alla morte del padre decide di dedicarsi al giornalismo e lavora al ‘Clarin’, poi presso altri giornali. Negli anni ’60 la svolta che porta Cossa tra gli emergenti del Teatro Indipendente: la sua vocazione teatrale, di taglio e tono prevalentemente realistici, si precisa con la prima importante opera, Nuestro fin de semana (Il nosto fine settimana, 1964). Legato alla condizione della classe media da cui esce, segnato dalla contraddizione tra esistenza ed etica particolarmente viva in America Latina, l’obiettivo primario di Cossa sembra quello di creare una sorta di “specchio” della coscienza comune mediante l’abile gioco delle domande piuttosto che delle risposte. Porre quesiti, evidenziare problemi, illuminare certi limiti diventa la necessità morale di un nuovo teatro, le cui tappe pongono il drammaturgo fra i maggiori esponenti del Teatro Abierto, il movimento teatrale che ha accompagnato la fine della dittatura in Argentina. Alcuni suoi titoli: La nona (La nonna, 1977, lavoro di successo noto in Italia), No hay que llorar (Non c’è da piangere, 1979), Gris de ausencia (Grigia assenza, 1981), El tìo loco (Lo zio sciocco, 1982), Los compadritos (I piccoli compari, 1985).